Il mondo fiscale all’interno della Ue si è totalmente capovolto, o quantomeno è in un paradigma sorprendente se si pensa ai trascorsi storici della comunità europea. Il 4/06/2025 la Commissione Europea ha informato i suoi giudici sulla situazione dei conti pubblici degli Stati membri. Italia e Francia sorprendentemente, nonostante un debito pubblico elevato, stanno rispettando appieno il rigore di bilancio; caso diverso è per i Paesi Bassi che sono a un forte rischio di “deviazione”, mentre uno stato tradizionalmente ortodosso fiscalmente come l’Austria è sotto procedura per deficit eccessivo. Nonostante l’impegno innegabile per l’equilibrio di bilancio di Francia e Italia, c’è da dire che tanto della loro agenda economica prudente è suggerita dai mercati vista la loro delicata situazione fiscale. Con un debito pubblico già elevato, imprudenti mosse di spesa farebbero lievitare i rendimenti del debito, per cui i rubinetti della spesa pubblica devono restare necessariamente chiusi. Da questo punto di vista i successi di rigore fiscale di Italia e Francia non vanno per forza attribuiti al nuovo Patto di stabilità e crescita in vigore da un anno.

Sembra che ormai sia passato il tempo in cui il pacchetto economico di primavera del semestre europeo incuteva timore tra le capitali europee, soprattutto tra quelle più spendaccione. L’incontro era il momento in cui la Commissione non solo esprimeva giudizi sui conti pubblici dei paesi, ma apriva procedure di deficit eccessive (l’altro appuntamento era a novembre, con il pacchetto di autunno). Nella sua storia di appartenenza alla comunità europea, spesso l’Italia è stata graziata dalla Commissione Europea chiudendo più volte un occhio, riconoscendo spesso concessioni politiche, una certa flessibilità di bilancio, attraverso acrobazie giuridiche e fiscali in cui spesso il governo ha dovuto imbarcarsi. Tuttavia, lo scenario politico di oggi è radicalmente diverso rispetto al passato: prima la sospensione del patto causa Covid e poi la guerra tra Russia e Ucraina. A Bruxelles negli ultimi tempi è cambiata la visione sulla politica fiscale.

Le amare sorprese sono state riservate ai paesi storicamente predicatori dell’austerità fiscale come Lussemburgo e Paesi Bassi. I paesi in questione sono stati commentati dalla Commissione come potenzialmente a “rischio di deviazione” rispetto agli obbiettivi di bilancio concordati. L’Austria invece sarà sottoposta a procedura di d’infrazione per deficit oltre il 3%. Sulla Germania la Commissione non si è ancora pronunciata visto che Berlino non ha attualmente un piano di bilancio nemmeno di medio termine. Bruxelles si aspetta che il piano di spesa verrà presentato dal cancelliere Friedrich Merz entrò metà luglio, ed è del tutto plausibile supporre che la Germania non sarà in grado di rispettare i parametri del Patto di stabilità visti i piani di spesa nella difesa e nelle infrastrutture che ha in programma.

È da tenere conto che la Commissione ha già approvato una deroga al nuovo patto di stabilità e crescita, per cui è possibile usare una clausola di salvaguardia nazionale per ottenere più flessibilità di bilancio nell’ambito del piano di riarmo da 800 miliardi proposto da Ursula Von der Leyen. Già sedici stati membri ne hanno fatto richiesta, ottenendo quindi la possibilità di spendere fino al 1,5% in più del proprio PIL. Nel gruppo non sono presenti né Francia né Italia: i due paesi hanno preferito non impensierire gli investitori sulla sostenibilità del loro debito.

Ma l’Italia ha ben poco di festeggiare se si leggono le lunghe serie di raccomandazioni che la Commissione ha riservato al governo di Giorgia Meloni. In gran parte sono le stesse già fatte negli anni precedenti, a riprova che le riforme strutturali, che Bruxelles da tempo chiede, sono tutt’altro che in devenire. Stesso discorso vale per il governo di Emmanuel Macron, che è sotto osservazione. Una volta che Parigi si è lasciata alle spalle i tumulti a seguito della dissoluzione dell’Assemblea nazionale e delle elezioni anticipate, è riuscita a tenere i conti pubblici sotto controllo. Ma la commissione è stata chiara nelle sue raccomandazioni: anche la Francia deve intraprendere un importante programma di riforme strutturali se vuole garantirsi una stabilità di bilancio nel medio-lungo periodo.

Leave a Comment